Istanbul: il mio viaggio nel cuore della città

Moschee Istanbul

E’ una città nave.

Viviamo tutti su un vascello! Siamo tutti passeggeri, andiamo e veniamo a gruppi. Gli ebrei se ne vanno, arrivano i russi, i moldavi invadono un quartiere e poi se ne vanno anche loro e arriva qualcun altro. E’ così che funziona.

(La Bastarda di Istanbul. Elif Shafak)

Chi mi ha detto prima di partire che Istanbul è una città magica, non ha per niente esagerato.

Ho adorato ogni singolo passo, ogni singolo çay gustato sul traghetto o in un locale sgangherato, ogni singola volta che mi sono coperta il capo e tolta le scarpe per sedermi sul tappeto di una moschea ad ascoltare una storia o ad osservare in silenzio con i pensieri raccolti.

Chi mi ha detto che è la città dei contrasti, dove si avverte lo scontro tra Oriente ed Occidente beh, forse ho percepito la città in modo diverso.

E’ una definizione che mi è sembrata riduttiva e banale o, molto più semplicemente, il problema è mio, dovrei prima capire cosa si intende per Oriente e cosa per Occidente.
Occidente=Europa, modernità, ragazze in minigonna, birra sui tavoli vs Oriente=Asia, Islam, donne con il velo e vestite accollate?

Sinceramente faccio difficoltà a catalogare la città. Istanbul è Istanbul, è così punto e basta.

E’ un viaggio nel viaggio.

Istanbul non sarebbe Istanbul senza la sua stratificazione sociale, senza il canto del muezzin che risuona dagli altoparlanti dei minareti cinque volte al giorno, spezza l’aria ed invita i fedeli alla preghiera.

Istanbul non sarebbe Istanbul senza le sue donne, quelle con i capelli scompigliati dalla brezza del Bosforo e quelle con il capo coperto da foulard colorati o dal velo nero integrale, e senza un giro in quartieri meno battuti forse non avrei capito tutto questo.

Senza passare dall’aria cosmopolita di Beyoğlu o Kadiköy a quella più conservatrice di Üsküdar o Fatih.

Istanbul per me è stata tante cose, caotica, variegata, multiculturale, moderna eppure immobile, ma non ho percepito contrasti, solo sfumature.

Più volte mi è venuto spontaneo paragonare la città ad un cuore, più precisamente al battito. Avete presente la storia della sistole e della diastole, delle fasi cicliche, continue e spontanee di contrazione e rilassamento del muscolo cardiaco che regolano il battito? Istanbul è un po’ così, è innegabile che ci sia una parte moderna e cosmopolita ed una parte profondamente legata alla religione ed alle tradizioni, ma le due facce non sono in contrasto tra loro bensì regolano la vita di questa enorme, complicata, bellissima città.

Sistole e diastole, modernità e tradizione.
Sistole e diastole, dai bazar alle boutique.
Sistole e diastole, il canto del muezzin ed il suono teso di corde di violino sulle note di musica zingara.

Tra le due scorre il flusso della vita della città, ho perso il conto di quante persone di etnie diverse ho incontrato in soli quattro giorni. Ognuna con la sua storia, con le proprie origini. La propria identità.

Il risultato è perfettamente armonico, necessario, spontaneo.

Per quello che ho percepito sta qui il segreto della magia che si respira in ogni angolo. Nell’armonia delle sue sfumature. Nei dettagli che compongono un quadro più grande. Nei tanti ritmi che regolano la sua vita e la sua vitalità.

Eminonu Iskele

Eminonu Iskele

Eminonu

Chiosco ad Eminonu

Istanbul dà il meglio di sé se si cerca tra le pieghe, se si va a caccia di storie tra la Storia. Ed allora hanno poco senso le etichette, ti arriva come un’unica, grande, immensa città che offre un po’ a tutti un’opportunità.

Ha accolto i Curdi che a Fatih hanno dato vita ad una nuova piccola Sirte, ed i Siriani, gli ultimi arrivati, che nelle tre strade ed i due incroci dietro la Moschea di Fatih hanno ricreato la loro comunità di Aleppo in fuga dalla fame e dalla guerra.

Fatih Istanbul

Tra le vie di Fatih

E’ una passeggiata nelle ferite ancora aperte del quartiere di Fener, il quartiere dei romei, i greci di Istanbul, dove di greci ne sono rimasti ben pochi, tra il degrado che purtroppo avanza costante e la dignità della povertà dei suoi abitanti.
Tra gli sguardi incuriositi dei bambini che giocano ancora a palla per strada e di quelli cresciuti troppo in fretta che sbucano dai negozi per venderti qualcosa o farti assaggiare due pistacchi. Ho lasciato un pezzo di cuore a Fatih, quando ho visto un bimbo di circa cinque anni con gli arti pinniformi, una malformazione da assunzione di talidomide in gravidanza che avevo studiato solo sui libri e speravo vivamente fosse una storia completamente archiviata.

Fener Istanbul

Tra le vie di Fener

La città dà il meglio di sé se si scava un po’ sotto la superficie, se si gratta la patina di quella Istanbul da cartolina che tanto affascina e su cui, devo ammettere, ho fantasticato tanto anche io, col senno del poi credo fermamente che vada vista con un po’ di incoscienza cercando qualcosa oltre lo stereotipo.

Ho iniziato i primi due giorni alla scoperta dei cosiddetti Quartieri Occidentali (Fatih, Fener, Balat, Çarşamba per arrivare fino ad Eyup) e quelli del lato asiatico con i ragazzi di Scoprire Istanbul, e mai soldi furono spesi meglio; la cosa più bella che potesse capitarmi è stata inciampare nella storia delle moschee e perdermi tra le parole di Michelangelo, la nostra guida.

Ho imparato che ogni moschea parla, ha una storia da raccontare, è un resoconto del sultano che l’ha commissionata e del suo sultanato.

Mi sono persa nel racconto della Moschea di Fatih, la moschea di Mehmet II che riuscì a conquistare Costantinopoli e gli valse l’appellativo di Fatih (Conquistatore), la prima moschea sultanale costruita a Istanbul, nella storia dell’ego smisurato e della vanità di Ahmed I e della sua Moschea Blu, negli aneddoti della vita e delle opere di quel genio assurdo di Mimar Sinan che ha costruito di tutto e di più sotto Solimano il Magnifico, di cui fino a pochi giorni fa ignoravo l’esistenza e adesso voglio sapere e vedere tutto.

Sono arrivata al terzo giorno in cui il tanto desiderato giro a Sultanahmet mi ha fatto venire un attacco di rosolia per la folla, le file e la calca, tant’è vero che Santa Sofia, Cisterna Basilica e Moschea Blu le ho viste in mezza giornata scarsa e poi sono scappata a riprendere fiato in cima al sesto colle alla ricerca della Moschea di Mihrimah, ma questa è la storia che più mi ha affascinato e merita uno spazio tutto suo.

Se chiudo gli occhi Istanbul si riaffaccia prepotente tra i ricordi, invade tutti e cinque i sensi.

E’ una città che da questo punto di vista non lascia scampo.

Flash di immagini si accavallano veloci, il profilo della città che si allontana dal mio sguardo all’imbrunire con le moschee ed i minareti da un lato e la Torre di Galata che svetta dall’altro quando ogni sera riprendevo il traghetto per tornare a Kadiköy, gabbiani che si alzano in volo, la bandiera turca che sventola mentre attraverso il Bosforo.

Torre di Galata

Torre di Galata

Istanbul Yeni Camii

Profilo della città dal traghetto

Se chiudo gli occhi sento il profumo invitante di carne arrostita su uno spiedo, l’aroma di un buon caffè turco gustato in santa pace e vedo le invitanti vetrine delle lokante, dove con due soldi ti riempi la pancia e sazi lo spirito.

Se chiudo gli occhi sento ancora le vibrazioni della città, le grida dei venditori ambulanti sul molo, musica di strada, ragazzi che si danno appuntamento per ballare danze popolari ed il canto del muezzin che risuona a gran voce, poi di botto la magia si incrina, mi rivedo a Fiumicino ad origliare i discorsi di due ragazze in fila per il controllo passaporti che entusiaste parlavano dei loro giri a caccia di borse di Luis Vuitton a 150 euro, che davvero mi sono chiesta se avessi visitato un’altra città. Ed allora mi fermo a pensare e mi dico che in fondo va bene anche così, Istanbul è tutto questo, ne ha per tutti i gusti.

E’ fatta così, è talmente bella, varia ed ospitale da accontentare tutti. Ed ognuno coglie quel che vuole.

A me ha fatto un invito speciale, domenica sera nella piazzetta su cui affacciava l’ostello, mi ha invitato ad una festa di matrimonio, con i ragazzi, e soprattutto gli sposi, che si divertivano come pazzi sulle note di musica popolare tra fiumi di birra, sì perché a Kadiköy, in Asia, ne gira parecchia, ed allora chissenefrega dei giri di shopping modaiolo e delle borse griffate sottocosto, i regali della vita sono altri, vibrano su corde di violino che suonano musica zingara, fanno drizzare tutti i peli del corpo e spuntare un sorriso carico a 64 denti e non sono solo gratis, non hanno davvero prezzo.

12 Comments

  • Bellissima, peccato che ultimamente sia divenuta off limits

  • Alessia ha detto:

    Quanto sei brava Vale. Le cose che scrivi sono sempre mai banali, perfette. Poi quando il posto ti ha proprio rapito, come in questo caso, esce fuori proprio il meglio. Complimenti davvero.

    • Valentina ha detto:

      I complimenti mi imbarazzano sempre un po’, non so gestirli, non so mai come rispondere… il merito non è solo mio…è merito di Istanbul che è una città magica… uno dei viaggi più belli! Grazie di cuore Alessia!

  • Valeria ha detto:

    Istanbul, tra oriente e occidente. Che bello sapere che qualcuno dedica anche qualche ore alla scoperta di Fener che noi adoriamo molto!
    Un abbraccio!

    • Valentina ha detto:

      Ciao Valeria, Fener è un quartiere importantissimo per capire la storia di Istanbul! E’ un colpo al cuore ma io credo che vada visitato!

  • Roberta ha detto:

    Una destinazione che mi attira molto. Spero che, presto, la situazione politica si stabilizzi per poterla visitare. Belle le foto dal traghetto!! 🙂

    • Valentina ha detto:

      Ciao Roberta, anche a me piacerebbe tanto tornarci e fare un viaggio in Turchia, speriamo che la situazione politica migliori.

  • valentina ha detto:

    Mi spiace tanto che la Turchia sia diventata l’ennesima zona incasinata dai disordini politici e sociali. Istanbul deve essere meravigliosa. Ne ho letto tanto e post come questo me lo confermano. Spero di poterci andare quando sarà più tranquilla 🙂

    • Valentina ha detto:

      Ciao Valentina, Istanbul è una città meravigliosa, una delle mie preferite. Tutto quello che è successo e che sta succedendo mi rattrista molto, spero tanto che la situazione torni tranquilla il prima possibile, io non vedo l’ora di tornare e di poter programmare un viaggio in quella terra meravigliosa!

  • Patrick ha detto:

    Un bellissimo post su Istanbul, uno dei più belli che abbia letto su una città che amo davvero molto (peccato non poter usare il tasto destro per copiarti qui i passaggi che mi sono piaciuti di più).
    Hai descritto benissimo la città, le sue sfumature e come ‘grattare un po’ sotto la sua superficie.
    A questo proposito avrei due consigli e un’annotazione
    I consigli sono 1) di ‘vivere’ anche un po’ la città contemporanea e non solo quella dei monumenti e dei quartieri 2) di non perdere, se ci tornerai, la moschea di Mehmet Sokollu Pasha, sempre che la aprano alle visite ogni tanto (l’ultima volta l’ho trovata chiusa), un vero gioiello poco conosciuto.

    L’annotazione è sul velo e sui contrasti della città: si tratta, così mi hanno assicurato amici che ci hanno vissuto tutta la vita, di un fenomeno relativamente recente (ultimi 15 anni, dovuto in gran parte all’immigrazione dall’anatolia e all’espandersi dell’islam politico). Non c’è nulla di male in sé, sono cambiamenti. Tutto cambia. Però Istanbul non era così, quindi non concorso su quel particolare, che non ‘sarebbe istanbul se non fosse così’ (e non era così la prima volta che ci andai, nel 2005 – e già allora mi dissero che stava cambiando).

    Bellissimo post comunque!!

    • Valentina ha detto:

      Grazie mille Patrick del tuo commento, certi complimenti fatti da persone che stimo hanno un valore speciale!
      Istanbul è una città, forse l’unica tra tutte quelle che ho visitato, che mi è entrata sottopelle e sogno tanto di poterci ritornare prima o poi. Sicuramente seguirò i tuoi consigli, la parte contemporanea è stata un po’ trascurata per motivi di tempo, così come tante altre cose, e spero di trovare aperta quella moschea, sono davvero curiosa.
      Purtroppo non avendo nessuna conoscenza diretta ho scritto quello che ho percepito sui contrasti e sul velo, mi fa sempre piacere il dibattito costruttivo con persone che ne sanno di più di me, a questo punto mi sto mangiando le mani, quanto avrei voluto visitarla anche diversi anni fa anche se poi mi chiedo, l’avrei amata allo stesso modo ma soprattutto avrei amato questo suo cambiamento?

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