In certe città vai perchè vuoi andarci; in certe città vai perchè sono loro a volere che tu ci vada.
Elif Shafak – La città ai confini del cielo.
Non so se siamo noi a scegliere i posti, o siano alcuni posti a scegliere noi…
Nel mio caso posso affermare con una certa sicurezza che è stata Istanbul che mi ha scelto, mi ha chiamato e finalmente dopo anni passati a sognare questa città posso urlarlo ai quattro venti!
La prossima settimana andrò quattro giorni ad Istanbul!
Un viaggio fortemente sognato e desiderato, ho passato gli ultimi 7 anni – credo – a fantasticare di mettere piede in questa città ma, come spesso accade, il costo del biglietto aereo mi ha fatto sempre desistere, troppo caro per passarci solo qualche giorno.
Ricordo ancora il momento in cui Istanbul entrò in punta di piedi in un angolino del mio cervello e ci rimase saldamente ancorata, allora non sapevo neanche bene dove fosse e come fosse.
Di solito sono le immagini che su di me esercitano l’attrazione maggiore, la molla che fa scattare la decisione di prendere e partire, andare a visitare un determinato paese o una determinata città.
Inizia sempre così, arriva una foto che mi colpisce più di altre e dico “Nooooo, io devo andare lì!” e mi ritrovo a leggere, studiare, capire. Ed inizio a farmi una cultura su argomenti che mai avrei pensato mi avrebbero toccato così nel profondo.
In questo caso è stato diverso, sono state le parole di chi in quella terra ci è nata e cresciuta arrivate mangiando lokum, quando ancora un lokum non sapevo neanche cosa fosse.
Nel lontano 2008 iniziai l’ennesimo tirocinio sotto-retribuito in cui per sei mesi ho giocato, con una certa soddisfazione direi, a fare la scienziata presso una grossa casa farmaceutica. I primi giorni si sa sono un turbine di emozioni e disorientamento più totale e la prima persona che oltre alle presentazioni di circostanza mi cercò per scambiare due chiacchiere fu una ragazza turca dal nome bizzarro, ci misi ben tre giorni a memorizzarlo, che si avvicinò offrendomi un lokum. Era appena tornata dal suo paese natale ed aveva portato una scatola di questi dolcetti buonissimi.
Sapevo praticamente nulla sulla Turchia.
Mai presa in considerazione fino ad allora. Ma allora l’idea di poter vedere il mondo era davvero lontana, diciamo era pura utopia.
Le chiesi quale fosse la sua città di origine, inutile dire che dopo averle chiesto tre volte il nome nel giro di cinque minuti, chiederle di ripetere altrettante volte il nome della sua città mi sembrava eccessivo, mi limitai a domandare come fosse il suo Paese. Mi chiese se ci fossi mai stata, mi disse che, nonostante le informazioni che arrivano da noi, è una terra bellissima di persone gentili e disponibili e che almeno Istanbul avrei dovuto visitarla, i tramonti sul Bosforo lasciano senza fiato.
Da allora tra alti e bassi è stata tutta una ricerca di informazioni, di immagini, di film, lettura di libri e pianificazione di un viaggio che prima o poi sapevo sarebbe arrivato.
Di cose ne sono successe ed ora che manca all’incontro con questa città sogno lokum, o Turkish delight che dir si voglia, anche di notte, la loro consistenza tra il gommoso e il gelatinoso e il sapore dolce per niente stucchevole, sogno il profilo delle moschee dietro un tramonto rosso fuoco e gabbiani che si alzano in volo, il canto del muezzin che invita alla preghiera.
Sogno un giro sul Bosforo sorseggiando tè, sogno la sua “caciara”, i suoi bazar ed un po’ di relax da tanto frastuono fumando il narghilè in un locale di una strada secondaria.
Sogno gli odori, i colori ed i sapori di quella cucina che solo a guardarla in foto sembra buonissima, memore dei sapori del Mediterraneo e dell’influenza di spezie del Medioriente.
In quattro giorni spero di riuscire a fare tutti quei giri che ho in programma passando dalle moschee più famose di Sultanahmet ai quartieri meno battuti di Fatih, Fener e Balat, un giro nei bazar ed un salto nella moderna Beyoğlu alla ricerca della vecchia anima di Pera, fino a Beşiktaş ed Ortaköy.
E poi un po’ di avanscoperta del lato asiatico, di Kuzguncuk, di Üsküdar e della vivace Kadiköy su cui ho trovato e letto così poco, forse proprio quel poco mi è bastato per sceglierla come casa per 4 giorni, oltre al prezzo del soggiorno veramente vantaggioso ed un ottimo collegamento via traghetto con la sponda Europea.
Per 4 giorni mi sveglierò in Asia per arrivare dopo 20 minuti in Europa, solo a scriverlo mi fa strano.
Chissà se tutte queste aspettative rovineranno un po’ ciò che Istanbul si rivelerà essere realmente, se proprio tra noi non dovesse esserci sintonia avendo l’ostello a Kadiköy sul lato asiatico cercherò di fare la pace e mi limiterò a guardarla dall’altra sponda quella meno famosa, quella più snobbata, perché si sa, a volte le cose per essere apprezzate vanno viste dalla giusta distanza.
Della serie “W l’anacronismo”: questo post è stato scritto un mesetto e mezzo fa prima del mio viaggio ad Istanbul, il weekend prima delle fatidiche elezioni in Turchia.